Quando non si fa un lavoro, ma lo si sceglie tutti i giorni!
Vi è mai capitato di desiderare ardentemente di riuscire a staccare veramente da tutto: lavoro impegni sociali – e chi più ne ha più ne metta – per godervi solo il momento, mettendo per un attimo in stand by il futuro?

A me sì, recentemente e non perché qualcuno me l’avesse consigliato o perché mi sia venuto naturale.
L’ho fatto perché ho capito che, senza riposarmi, non sarei riuscita a dedicare le energie giuste al mio lavoro, che mi piace un sacco.
Quando ero dipendente, la mia capa (che come formula non mi piace per nulla, ma anche capo non le darebbe la giusta valorizzazione) – che mi ha insegnato moltissimo e a cui devo molto – mi disse per la prima volta, durante una valutazione, che avevo un’area di miglioramento fondamentale su cui lavorare: il sapere staccare (quando ero in vacanza, durante il week end, i ponti..).
Lì per lì mi rendevo conto che fosse una vera sfida, ma nell’ardore della mia giovinezza non riuscivo a capire fino in fondo il vero significato di quell’input.
Infatti, nell’entusiasmo che si prova quando già lavori da qualche anno, ma ancora devi conoscerti lavorativamente e non sai chi sei e quali obiettivi puoi raggiungere, quell’area di miglioramento mi sembrava un po’ criptica.
Seppur ne comprendessi la sostanza, avevo difficoltà a capire come riuscire a lavorarci e farla diventare realtà.
Cosa significa staccare?
Ma soprattutto, come si fa?
Quell’area di miglioramento continuava a guardarmi da quella scheda di valutazione e ha continuato a farlo anche mentre cambiavo azienda e poi diventavo libera professionista.
Poi pian piano, e ritengo sia questa un po’ la magia di quando si cresce, mi sono resa conto che il tempo che non spendevo a lasciare che il mio cervello trascorresse a pensare al lavoro e in cui lo facevo riposare e allenare su altro, mi tornava tutto indietro in termini di arricchimento, ispirazione, creatività.
Ebbene sì, facendo un lavoro “di testa” ho capito che quando allenavo la mia testa a staccare dal lavoro e concentrarsi su altri input riuscivo ad essere più smart nei miei progetti, con i miei clienti; diventando più capace di vedere aspetti a cui prima non facevo attenzione.
Aspetti che mi erano stati suggeriti dall’autore di una mostra che avevo visto, un film che avevo seguito in maniera concentrata, un romanzo a cui avevo dedicato più di mezz’ora di fila del mio tempo senza interrompermi per via di altro.

È lì che ho capito che staccare aveva un significato, staccare voleva dire creare spazio – anche quando sembra non ce ne sia – per qualcosa che ti riuscirà ad arricchire e far comprendere dinamiche, che ti aiuteranno indirettamente sul lavoro.
Creare spazio vuol dire anche organizzarsi, essere sicuri che quel tempo possa essere dedicato a te in maniera consapevole e costruttiva, altrimenti è facile che il senso di colpa oppure le scadenze prendano il sopravvento, facendoci fagocitare dall’ansia.
Creare spazio vuol dire sapere di esistere come persona e non perché si fa quel lavoro, ma piuttosto perché si sceglie di farlo tutti i giorni.
Non sempre è semplice e rimane una sfida, soprattutto in certi periodi e momenti della vita particolari.

Sapere, però, cosa vuol dire a aver trovato strategie e modalità per poterlo fare mi fa sentire più auto-efficace e consapevole di me stessa come persona e professionista.
Perché come diceva Pirandello ne Il Fu Mattia Pascal
“Stava a me: potevo e dovevo essere l’artefice del mio nuovo destino”.

Mi sa che devo ascoltare di più i consigli che do agli altri 😉